Sentiero transfrontaliero sui passi della storia (da: La Thuile)
Sentiero transfrontaliero sui passi della storia (da: La Thuile)
Difficoltà
5h
Durata15,8km
Distanza+785m
Elevazione positiva-926m
Elevazione negativaIncorpora questo articolo per accedervi offline
Un itinerario a piedi per veri appassionati di trekking che segue sul lato francese la via romana, sentiero antico che collegava la Vienna in Francia a Milano e conserva ancora oggi tratti lastricati e muretti, e sul lato italiano conduce per sentieri di montagna che seguono anche per il Cammino di San Martino di Tours, uno degli Itinerari culturali del Consiglio d'Europa.
Nel mezzo si valica il sorprendente Colle del Piccolo San Bernardo, trafficato fin dall’antichità per la sua posizione strategica e per questo ricco di testimonianze storiche ma anche di panorami e ambienti dove la natura di montagna è grande protagonista.
Nel mezzo si valica il sorprendente Colle del Piccolo San Bernardo, trafficato fin dall’antichità per la sua posizione strategica e per questo ricco di testimonianze storiche ma anche di panorami e ambienti dove la natura di montagna è grande protagonista.
Descrizione
Lasciata l’auto al parcheggio situato all’inizio del paese di La Thuile in corrispondenza della galleria Pontaillod, dirigersi verso il paese percorrendo il marciapiede fino al primo ponte. Svoltare a destra e seguire le indicazioni del sentiero numero 9 Colle P. San Bernardo. Seguendo il sentiero per circa 1900 metri e 200 metri di dislivello fino al villaggio di Pont-Serrand. Qui giunti occorre entrare nel villaggio e proseguire ancora lungo il sentiero 9 in salita per circa 5 chilometri e 530 m di dislivello fino al Colle del Piccolo San Bernardo circondati prima da boschi di conifere e poi da pascoli di alta quota e alpeggi. Seguire il tracciato che in leggera discesa conduce all’ospizio superando la Mansio, il Cromlech, il bunker della seconda guerra mondiale, la colonna di Giove, il Giardino Botanico Alpino Chanousia. All’altezza del parcheggio posteriore dell’ospizio, svoltare a destra e seguire il sentiero per 200 metri fino alla palina segnavia che indica Séez par la Voie Romaine e imboccare il sentiero in discesa fino al ponticello sul torrente. Mantenersi a sinistra e risalire leggermente fino alla strada asfaltata e percorrerla per pochi metri fino a trovare nuovamente il cartello segnavia della Voie Romaine. Proseguire in discesa lungo la bella poderale per circa 3,5 chilometri e imboccare il sentiero a sinistra, in località La Colonne (1829 m). Da qui il percorso segue la vecchia strada romana intercettando quà e là la poderale fino a raggiungere l’abitato di Saint-Germain.
Partenza : Saint-Germain
Arrivo : La Thuile
21 I patrimoni da scoprire
Lago Verney
Il lago Verney è il più vasto lago alpino naturale della Valle d’Aosta. Di origine glaciale si trova a 2.088 m di altezza, tra il Bec des Rousses, promontorio del Piccolo San Bernardo, e il monte Chaz Dura.
Le sponde del lago sono colonizzate da una vegetazione igrofila che comprende varietà botaniche pregiate come eriofili, carici e giunchi oltre agli sfagni, specie tipiche delle torbiere. Sui lati, l’opera della natura ha lasciato depositi morenici ricchi di risorgive, perfetto habitat per primule e sassifraghe.
In un tempo lontano, oltre 2000 anni fa, il popolo Salasso considerava queste acque sacre: erano usate per benedire i campi, le unioni e i figli, propiziarsi una feconda estate o un benevolo inverno. Quando i condottieri salassi tornavano vincitori da una battaglia offrivano a Graio, dio della guerra e delle rocce, le spade degli avversari caduti, in segno di ringraziamento.
Oggi il Lago di Verney è meta prediletta da molti turisti oltre che riserva di pesca. Si può percorrere il suo intero perimetro con una comoda passeggiata di circa 45 minuti e salendo ancora si può raggiungere in circa mezz’ora il Lago Verney Superiore.
Le sponde del lago sono colonizzate da una vegetazione igrofila che comprende varietà botaniche pregiate come eriofili, carici e giunchi oltre agli sfagni, specie tipiche delle torbiere. Sui lati, l’opera della natura ha lasciato depositi morenici ricchi di risorgive, perfetto habitat per primule e sassifraghe.
In un tempo lontano, oltre 2000 anni fa, il popolo Salasso considerava queste acque sacre: erano usate per benedire i campi, le unioni e i figli, propiziarsi una feconda estate o un benevolo inverno. Quando i condottieri salassi tornavano vincitori da una battaglia offrivano a Graio, dio della guerra e delle rocce, le spade degli avversari caduti, in segno di ringraziamento.
Oggi il Lago di Verney è meta prediletta da molti turisti oltre che riserva di pesca. Si può percorrere il suo intero perimetro con una comoda passeggiata di circa 45 minuti e salendo ancora si può raggiungere in circa mezz’ora il Lago Verney Superiore.
Bunker della Seconda Guerra Mondiale
Questa costruzione militare faceva parte del Vallo Alpino Occidentale a difesa dei confini italiani nel grande progetto di difesa che attraversava tutto l’arco alpino. Questa postazione in particolare era conosciuta come Vallo Alpino del Littorio (Littoria rimanda al nome di La Thuile in epoca fascista).
Sono ancora visibili i due accessi e una calotta in ghisa che fungeva da osservatorio. È piccolo e studiato per 2 persone armate di mitraglietta con una visuale di sparo in quattro direzioni.
Tutte le difese e gli sbarramenti costruiti al Colle del Piccolo San Bernardo avevano il compito di fermare l’avanzata francese durante la Seconda Guerra Mondiale che colpì questi territori più che altre zone perché il passaggio era qui più agevole.
Nella seconda metà degli anni ‘30 iniziò la costruzione di nuove fortificazioni e l’adeguamento di quelle già esistenti. Vennero installate le strutture difensive controcarro su entrambi i lati della strada, in corrispondenza dello spartiacque naturale del Colle e successivamente numerosi bivacchi, osservatori di artiglieria, bunker, i fortini di Chaz Duraz e del Monte Belvedere, la Ridotta della Traversette.
Verso la metà di agosto del 1939, quando i venti di guerra iniziarono a soffiare con forza, un contingente di soldati fu inviato a presidiare i confini e difendere la Patria. Il 1° settembre venne dichiarata la guerra e nulla fu più come prima…
Sono ancora visibili i due accessi e una calotta in ghisa che fungeva da osservatorio. È piccolo e studiato per 2 persone armate di mitraglietta con una visuale di sparo in quattro direzioni.
Tutte le difese e gli sbarramenti costruiti al Colle del Piccolo San Bernardo avevano il compito di fermare l’avanzata francese durante la Seconda Guerra Mondiale che colpì questi territori più che altre zone perché il passaggio era qui più agevole.
Nella seconda metà degli anni ‘30 iniziò la costruzione di nuove fortificazioni e l’adeguamento di quelle già esistenti. Vennero installate le strutture difensive controcarro su entrambi i lati della strada, in corrispondenza dello spartiacque naturale del Colle e successivamente numerosi bivacchi, osservatori di artiglieria, bunker, i fortini di Chaz Duraz e del Monte Belvedere, la Ridotta della Traversette.
Verso la metà di agosto del 1939, quando i venti di guerra iniziarono a soffiare con forza, un contingente di soldati fu inviato a presidiare i confini e difendere la Patria. Il 1° settembre venne dichiarata la guerra e nulla fu più come prima…
Cromlech
La parola cromlech che deriva dalla lingua celtica (crom significa cerchio e lech significa pietre) descrive esattamente la sua essenza: 46 stele si trovano allineate in un cerchio leggermente ellittico con un diametro di 84x72 metri. Ogni stele è infissa nel terreno a distanza di circa 3-4 m dalle altre.
Questo luogo sacro fu creato dai celti in un periodo che risale a circa 2700 anni fa, in cui si praticava il “culto dei sassi”. A Tir Na Mor Art (Terra Della Grande Orsa, la Valle d’Aosta d’epoca celtica), erano di casa Vestali e Druidi che qui studiavano i fenomeni celesti e praticavano rituali.
Il cromlech è orientato con il Solstizio d’estate: nei giorni più lunghi dell’anno quando il sole volge al tramonto l’ombra delle due vette alle spalle del Cerchio Sacro si riflette sul terreno e ne abbraccia il perimetro, lasciando solo il centro del cerchio al sole.
Guerre e avversità atmosferiche hanno portato al graduale degrado di questo luogo. Si pensi che dal 1856 al 2012 la strada del Colle tagliava il Cromlech esattamente al centro e una decina di stele sono state asportate, fatto che per gli antichi Salassi avrebbe rappresentato un orribile sacrilegio!
Questo luogo sacro fu creato dai celti in un periodo che risale a circa 2700 anni fa, in cui si praticava il “culto dei sassi”. A Tir Na Mor Art (Terra Della Grande Orsa, la Valle d’Aosta d’epoca celtica), erano di casa Vestali e Druidi che qui studiavano i fenomeni celesti e praticavano rituali.
Il cromlech è orientato con il Solstizio d’estate: nei giorni più lunghi dell’anno quando il sole volge al tramonto l’ombra delle due vette alle spalle del Cerchio Sacro si riflette sul terreno e ne abbraccia il perimetro, lasciando solo il centro del cerchio al sole.
Guerre e avversità atmosferiche hanno portato al graduale degrado di questo luogo. Si pensi che dal 1856 al 2012 la strada del Colle tagliava il Cromlech esattamente al centro e una decina di stele sono state asportate, fatto che per gli antichi Salassi avrebbe rappresentato un orribile sacrilegio!
Mansio romana
Quasi 2000 anni fa il Colle del Piccolo San Bernardo era un luogo di grande passaggio lungo la trafficata via che portava alla Gallia. Per dare ospitalità a mercanti, soldati, viandanti in viaggio fu costruita una grande Mansio, punto tappa considerato fra i più ampi e importanti dell’epoca, nonché il più alto.
Di questa imponente costruzione rimane oggi solo il perimetro di fondazione che fa capire come fosse disposto il complesso: erano presenti 12 cellette per i viaggiatori, le scuderie per le cavalcature e i muli, cortili e spazi comuni, magazzini, un tempio dedicato al dio Giove.
Due erano gli ingressi: uno a Sud-Est che corrispondeva al retro della costruzione e uno a Nord-Ovest che dava sulla Via delle Gallie, separato da un’altra costruzione oltre la strada che fungeva da magazzino per le merci e i dazi.
Il tetto della Mansio era inizialmente di semplici fascine di paglia ottenute dai resti di sfalcio dei prati e dei campi di grano (a quel tempo il clima era più mite ed era possibile coltivare in quota e transitare tutto l’anno) e in seguito di lastre di ardesia, ricavate da una cava locale, posta poco oltre lo spartiacque naturale che discende verso la Tarentaise.
Di questa imponente costruzione rimane oggi solo il perimetro di fondazione che fa capire come fosse disposto il complesso: erano presenti 12 cellette per i viaggiatori, le scuderie per le cavalcature e i muli, cortili e spazi comuni, magazzini, un tempio dedicato al dio Giove.
Due erano gli ingressi: uno a Sud-Est che corrispondeva al retro della costruzione e uno a Nord-Ovest che dava sulla Via delle Gallie, separato da un’altra costruzione oltre la strada che fungeva da magazzino per le merci e i dazi.
Il tetto della Mansio era inizialmente di semplici fascine di paglia ottenute dai resti di sfalcio dei prati e dei campi di grano (a quel tempo il clima era più mite ed era possibile coltivare in quota e transitare tutto l’anno) e in seguito di lastre di ardesia, ricavate da una cava locale, posta poco oltre lo spartiacque naturale che discende verso la Tarentaise.
Ospizio del Piccolo San Bernardo
L’ospizio del Piccolo San Bernardo è ancora oggi simbolo di ospitalità per tutti coloro che percorrono questa via fra le montagne. La sua storia è legata alla figura di San Bernardo, arcidiacono di Aosta che intorno al 1050 fece edificare un ospizio e una chiesa servita da religiosi dipendenti dal monastero di San Pietro nel Vallese svizzero.
L’ospizio fu affidato nel 1113 all’ordine dei monaci di Saint-Gilles di Verrès. Un nuovo ospizio venne costruito per volere di San Pietro II, arcivescovo di Tarantasia, poco più a Sud, nella posizione attuale.
L’edifico conobbe alterni periodi di degrado e prosperità. Dal 1752 il suo nome viene abbinato all’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro e sulla facciata compare l’emblema crociato dell’Ordine Mauriziano.
Nel 1860 arriva l’Abate Chanoux che contribuì a garantire, sia in estate che in inverno, l’ospitalità per 50 anni. Nel 1920 l’ospizio fece registrare un record di passaggi, oltre 21.000 di cui oltre 500 in inverno!
Durante la Il seconda guerra mondiale l’edificio fu devastato e giacque a lungo in rovina. Dall’estate 1995, grazie alla cooperazione tra i Rotary club italiani e francesi, un ospizio rinnovato ed attrezzato con ristorante, camere e punto informazioni turistiche è tornato ad essere l’anima del Colle del Piccolo San Bernardo.
L’ospizio fu affidato nel 1113 all’ordine dei monaci di Saint-Gilles di Verrès. Un nuovo ospizio venne costruito per volere di San Pietro II, arcivescovo di Tarantasia, poco più a Sud, nella posizione attuale.
L’edifico conobbe alterni periodi di degrado e prosperità. Dal 1752 il suo nome viene abbinato all’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro e sulla facciata compare l’emblema crociato dell’Ordine Mauriziano.
Nel 1860 arriva l’Abate Chanoux che contribuì a garantire, sia in estate che in inverno, l’ospitalità per 50 anni. Nel 1920 l’ospizio fece registrare un record di passaggi, oltre 21.000 di cui oltre 500 in inverno!
Durante la Il seconda guerra mondiale l’edificio fu devastato e giacque a lungo in rovina. Dall’estate 1995, grazie alla cooperazione tra i Rotary club italiani e francesi, un ospizio rinnovato ed attrezzato con ristorante, camere e punto informazioni turistiche è tornato ad essere l’anima del Colle del Piccolo San Bernardo.
La Thuile
La Thuile è uno dei comuni più grandi della Valle d’Aosta; si trova in Valdigne, area il cui nome deriva da “Vallis Digna” che descrive una vallata degna di essere colonizzata per la magnifica esposizione ai piedi del Monte Bianco ma soprattutto degna di altissima considerazione perché era la principale via di collegamento con la Gallia Narbonense.
A 1450 metri di quota La Thuile è un borgo di montagna con poco più di 800 abitanti, (meno di sette per chilometro quadrato) che diventano molti di più grazie alla sua spiccata vocazione turistica: in inverno è una stazione sciistica internazionale con piste che raggiungono il Colle del Piccolo San Bernardo e La Rosiére e in estate è luogo di passeggiate nella natura, escursioni in bici e attività all’aria aperta.
Si può ammirare il Ghiacciaio del Rutor (il terzo per estensione della Valle d’Aosta) con le cascate rutorine con ben 3 salti di roccia, scoprire il passato minerario legato all’estrazione di argento prima e antracite poi, scovare vecchi trinceramenti seicentesche o ammirare scorci sul massiccio del Monte Bianco.
In mezzo a tanta natura spiccano anche le tradizioni di una cultura di montagna ricca di valori: enogastronomia, artigianato (La Maison Musée Berton è posto ideale per scoprirlo attraverso una collezione privata in una villa privata oggi trasformata in casa Museo), prodotti locali come la Fontina.
A 1450 metri di quota La Thuile è un borgo di montagna con poco più di 800 abitanti, (meno di sette per chilometro quadrato) che diventano molti di più grazie alla sua spiccata vocazione turistica: in inverno è una stazione sciistica internazionale con piste che raggiungono il Colle del Piccolo San Bernardo e La Rosiére e in estate è luogo di passeggiate nella natura, escursioni in bici e attività all’aria aperta.
Si può ammirare il Ghiacciaio del Rutor (il terzo per estensione della Valle d’Aosta) con le cascate rutorine con ben 3 salti di roccia, scoprire il passato minerario legato all’estrazione di argento prima e antracite poi, scovare vecchi trinceramenti seicentesche o ammirare scorci sul massiccio del Monte Bianco.
In mezzo a tanta natura spiccano anche le tradizioni di una cultura di montagna ricca di valori: enogastronomia, artigianato (La Maison Musée Berton è posto ideale per scoprirlo attraverso una collezione privata in una villa privata oggi trasformata in casa Museo), prodotti locali come la Fontina.
Musée Maison Berton
La Maison Musée Berton è una casa museo di recente allestimento all’interno di una villa privata costruita dai Fratelli Berton e donata completa delle sue collezioni di oggetti di artigianato valdostano (mobili, oggetti d’arredo, sculture, disegni, stampe, libri) affinché diventasse un museo.
Al suo interno, che mantiene l’aspetto di una raffinata casa di montagna, si ritrovano stanze come la taverna, la cantina, il salotto, la biblioteca, la camera degli ospiti, la stanza da letto, così come ci sono state lasciate dai proprietari con una notevole serie di accostamenti fra oggetti di antiquariato e mobili più moderni, una varietà di oggetti di valore che raccontano la Valle d’Aosta attraverso le figure dalla forte personalità dei fratelli Berton.
Al suo interno, che mantiene l’aspetto di una raffinata casa di montagna, si ritrovano stanze come la taverna, la cantina, il salotto, la biblioteca, la camera degli ospiti, la stanza da letto, così come ci sono state lasciate dai proprietari con una notevole serie di accostamenti fra oggetti di antiquariato e mobili più moderni, una varietà di oggetti di valore che raccontano la Valle d’Aosta attraverso le figure dalla forte personalità dei fratelli Berton.
Colonna di Giove
Quando nell’Anno Domini 1034 San Bernardo da Mentone entrò nei Canonici della Cattedrale di Aosta venne incaricato di costruire due nuovi ospizi per i viandanti: uno lungo la via chiamata Mont Joux (Colle del Gran San Bernardo) e uno a servizio della via chiamata Colonne Joux (Colle del Piccolo San Bernardo).
Quando San Bernardo giunse in questi luoghi trovò molti templi pagani. Uno di questi si ergeva poco oltre il Cromlech ed era composto da un sacrario e da un triplo colonnato esterno. Sulla più alta delle colonne era posta una magnifica pietra di colore rosso intenso che aveva il potere di catturare la luce del sole morente nel giorno dell’Equinozio creando bagliori su gran parte della spianata del Colle. Chiamata occhio di Graio e poi occhio di Giove, era stata posizionata ai tempi dei Salassi per adorare le loro divinità. Secondo la leggenda fu San Bernardo in persona a sopprimere questo simbolo pagano distruggendo la pietra. Al suo posto venne posizionata prima una semplice croce in ferro, poi una statua del santo.
Questo tempio, di cui restano solo le fondamenta, fu scoperto negli anni ’30 in occasione di una delle prime campagne di scavo al Colle. Vennero alla luce numerosi reperti (oggi esposti al Museo Archeologico Regionale ad Aosta), fra cui placche in argento, monete, una placchetta votiva dedicata ad Ercole e un busto in argento raffigurante Giove Graiocelo.
Quando San Bernardo giunse in questi luoghi trovò molti templi pagani. Uno di questi si ergeva poco oltre il Cromlech ed era composto da un sacrario e da un triplo colonnato esterno. Sulla più alta delle colonne era posta una magnifica pietra di colore rosso intenso che aveva il potere di catturare la luce del sole morente nel giorno dell’Equinozio creando bagliori su gran parte della spianata del Colle. Chiamata occhio di Graio e poi occhio di Giove, era stata posizionata ai tempi dei Salassi per adorare le loro divinità. Secondo la leggenda fu San Bernardo in persona a sopprimere questo simbolo pagano distruggendo la pietra. Al suo posto venne posizionata prima una semplice croce in ferro, poi una statua del santo.
Questo tempio, di cui restano solo le fondamenta, fu scoperto negli anni ’30 in occasione di una delle prime campagne di scavo al Colle. Vennero alla luce numerosi reperti (oggi esposti al Museo Archeologico Regionale ad Aosta), fra cui placche in argento, monete, una placchetta votiva dedicata ad Ercole e un busto in argento raffigurante Giove Graiocelo.
Ridotta della Traversette
In posizione dominante sul lato francese del Colle del Piccolo San Bernardo si trova il forte di Traversette. Situato strategicamente su uno sperone roccioso a circa 2.400 metri di quota, era utilizzato per la sorveglianza militare della zona.
Il forte attuale venne costruito nel 1891 sulle rovine di un vecchio forte sardo, distrutto durante la rivoluzione francese. Il forte fu occupato inizialmente solo nel periodo estivo, e in seguito durante tutto l’anno. Vista la sua posizione era considerato ideale per allenare le truppe alle difficili condizioni di montagna.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, il forte assunse un ruolo assai importante. Nel giugno del 1940, fu difeso dal settantesimo BAF (Battaglione Alpino di Fortezza), comandato dal sottotenente Desserteaux. Fu poi occupato dalle truppe italiane, poi tedesche, e liberato dopo aspri combattimenti nell’aprile del 1945.
Oggi in rovina, si trova direttamente sulle piste del comprensorio sciistico internazionale del Piccolo San Bernardo, che unisce le stazioni di La Thuile in Valle d’Aosta e La Rosière in Alta Savoia.
Il forte attuale venne costruito nel 1891 sulle rovine di un vecchio forte sardo, distrutto durante la rivoluzione francese. Il forte fu occupato inizialmente solo nel periodo estivo, e in seguito durante tutto l’anno. Vista la sua posizione era considerato ideale per allenare le truppe alle difficili condizioni di montagna.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, il forte assunse un ruolo assai importante. Nel giugno del 1940, fu difeso dal settantesimo BAF (Battaglione Alpino di Fortezza), comandato dal sottotenente Desserteaux. Fu poi occupato dalle truppe italiane, poi tedesche, e liberato dopo aspri combattimenti nell’aprile del 1945.
Oggi in rovina, si trova direttamente sulle piste del comprensorio sciistico internazionale del Piccolo San Bernardo, che unisce le stazioni di La Thuile in Valle d’Aosta e La Rosière in Alta Savoia.
Pont-Serrand e Orgères
A 1630 metri di quota lungo la via delle Gallie che saliva da Ariolica (La Thuile) all’Alpis Graia (Colle del Piccolo San Bernardo) si trova il villaggio di Pont Serrand.
Il toponimo spiega la sua posizione nei pressi di una profonda gola incisa dalle acque del torrente Dora di Verney che già i romani attraversavano con un ponte in legno di cui oggi si sono perse le tracce. All’imbocco del villaggio si trova la cappella dedicata ai santi Bernardo e Maurizio.
La presenza di svariate abitazioni, mulini, scuderie, un posto di guardia, alloggi e ristori per i viandanti testimoniano come la vita del villaggio fosse strettamente legata al transito da e verso il Colle. Di qui sono transitati viaggiatori, pellegrini, commercianti ma anche truppe ed eserciti.
Non è un caso che poco sopra Pont Serrand, all’imbocco del Vallon de Chavannes in località Orgères, si trovi un sito archeologico oggetto di campagne di scavo e studio da parte dell’Università di Torino.
In questo luogo strategico è stato riportato alla luce un insediamento d’altura le cui strutture in muratura risalgono a un periodo fra il I e il III secolo d.C.. Queste sono poi state inglobate nelle fondazioni di una casa-forte tardo medievale e successivamente in un ligne difensiva d’età più moderna.
Documenti e studi effettuati sui molti reperti rinvenuti hanno permesso di stabilire che Orgères era un insediamento stanziale e non stagionale: vi si viveva tutto l’anno, si allevavano bovini e ovicaprini, si faceva il formaggio, si lavoravano lana e tessuti e si forgiava il metallo.
Il toponimo spiega la sua posizione nei pressi di una profonda gola incisa dalle acque del torrente Dora di Verney che già i romani attraversavano con un ponte in legno di cui oggi si sono perse le tracce. All’imbocco del villaggio si trova la cappella dedicata ai santi Bernardo e Maurizio.
La presenza di svariate abitazioni, mulini, scuderie, un posto di guardia, alloggi e ristori per i viandanti testimoniano come la vita del villaggio fosse strettamente legata al transito da e verso il Colle. Di qui sono transitati viaggiatori, pellegrini, commercianti ma anche truppe ed eserciti.
Non è un caso che poco sopra Pont Serrand, all’imbocco del Vallon de Chavannes in località Orgères, si trovi un sito archeologico oggetto di campagne di scavo e studio da parte dell’Università di Torino.
In questo luogo strategico è stato riportato alla luce un insediamento d’altura le cui strutture in muratura risalgono a un periodo fra il I e il III secolo d.C.. Queste sono poi state inglobate nelle fondazioni di una casa-forte tardo medievale e successivamente in un ligne difensiva d’età più moderna.
Documenti e studi effettuati sui molti reperti rinvenuti hanno permesso di stabilire che Orgères era un insediamento stanziale e non stagionale: vi si viveva tutto l’anno, si allevavano bovini e ovicaprini, si faceva il formaggio, si lavoravano lana e tessuti e si forgiava il metallo.
La piana dell’ospizio
La zona del Colle del Piccolo San Bernardo è caratterizzata da una grande zona pianeggiante. La sua origine deriva dall’azione di modellamento da parte dei ghiacciai che unita alle caratteristiche di roccia e terreno e alla presenza di ruscelli, laghetti alpini, torbiere e piccole zone umide ha creato un ampio spazio dove in estate è facile trovare mandrie di mucche al pascolo.
La tradizione di portare le vacche al pascolo in alpeggio, tipicamente da San Giovanni (24 giungo) a San Michele (29 settembre), è molto antica e praticata già dagli antichi popoli ceutroni e salassi. La stessa parola “alpe” deriva dalla lingua celtica.
Il clima in passato era più mite e la frequentazione del colle era continuativa; era possibile coltivare una varietà di grano particolarmente resistente e si pascolava per molti più mesi l’anno.
In estate i pastori ai due lati del Colle si ritrovano ancora oggi a giugno per festeggiare insieme la prima apertura del Colle al disgelo (festa della Pass-Pitchou), e ad agosto in occasione della Fête des bergers.
La tradizione di portare le vacche al pascolo in alpeggio, tipicamente da San Giovanni (24 giungo) a San Michele (29 settembre), è molto antica e praticata già dagli antichi popoli ceutroni e salassi. La stessa parola “alpe” deriva dalla lingua celtica.
Il clima in passato era più mite e la frequentazione del colle era continuativa; era possibile coltivare una varietà di grano particolarmente resistente e si pascolava per molti più mesi l’anno.
In estate i pastori ai due lati del Colle si ritrovano ancora oggi a giugno per festeggiare insieme la prima apertura del Colle al disgelo (festa della Pass-Pitchou), e ad agosto in occasione della Fête des bergers.
Gli ambienti del Gallo forcello
Al limite superiore della vegetazione arborea, dove resistono arbusti come mirtillo, rododendro, ginepro e ontano verde prima di lasciare spazio alle praterie alpine, si trova, prediligendo i versanti freschi e umidi a Nord, il gallo forcello (Tetrao tetrix).
È un Galliforme della famiglia dei Tetraonidi facile da riconoscere ma non altrettanto facile da vedere!
Il maschio è nero con parti bianche nel sottoala e sottocoda e caruncole rosse sopra gli occhi. La coda è inconfondibile con le penne esternericurve a forma di lira. La femmina è simile ma al colore nero si sostituisce un più mimetico bruno-rossiccio.
Del tutto particolare è il suo comportamento nel periodo riproduttivo: i maschi compiono vere e proprie parate in arene dette lek davanti alle femmine assumendo posture impettite, battendo le ali, saltellando ad ali aperte e talvolta arrivando allo scontro fisico.
Da grande distanza si può udirne il verso caratteristico, simile a gorgheggi, emesso soprattutto nel periodo nuziale.
La specie è minacciata dalle trasformazioni ambientali, dalla caccia e dal disturbo umano. Per questo motivo la pratica dello sci fuori pista è regolamentato e certe aree sono vietate.
È un Galliforme della famiglia dei Tetraonidi facile da riconoscere ma non altrettanto facile da vedere!
Il maschio è nero con parti bianche nel sottoala e sottocoda e caruncole rosse sopra gli occhi. La coda è inconfondibile con le penne esternericurve a forma di lira. La femmina è simile ma al colore nero si sostituisce un più mimetico bruno-rossiccio.
Del tutto particolare è il suo comportamento nel periodo riproduttivo: i maschi compiono vere e proprie parate in arene dette lek davanti alle femmine assumendo posture impettite, battendo le ali, saltellando ad ali aperte e talvolta arrivando allo scontro fisico.
Da grande distanza si può udirne il verso caratteristico, simile a gorgheggi, emesso soprattutto nel periodo nuziale.
La specie è minacciata dalle trasformazioni ambientali, dalla caccia e dal disturbo umano. Per questo motivo la pratica dello sci fuori pista è regolamentato e certe aree sono vietate.
Giardino botanico Chanousia
La storia del giardino Botanico alpino Chanousia è legata alla figura dell’Abbé Chanoux. Nominato nel 1860 Rettore dell’Ospizio del Piccolo San Bernardo vi rimase per 49 anni fino alla morte, amando profondamente questi luoghi.
Esperto alpinista e grande appassionato di scienze naturali (in particolare di botanica), fondò il 29 luglio 1897 il giardino botanico alpino “Chanousia” il cui nome ancora oggi lo ricorda. Lo scopo era quello di coltivare alcune delle specie di piante alpine più belle e più minacciate di estinzione, affinché la gente potesse ammirarle, imparare a conoscerle e rispettarle. Alla sua morte nel 1909, l'Abate Chanoux chiese di essere sepolto qui e oggi riposa nella cappella situata a poca distanza dall’amato giardino.
Il giardino si trova in territorio francese e si estende su una superficie di circa 10.000 mq. Le severe condizioni climatiche rendono la stagione vegetativa molto breve e condizionano le piante presenti che provengono da ambienti di tipo alpino e nivale.
Oggi si trovano a dimora circa 1200 specie, ben poche se si pensa che all’apice del suo sviluppo introno al 1940 vi erano coltivate più di 2.500 specie provenienti non solo dalle Alpi, ma anche da sistemi montuosi di ogni parte del mondo e la fama del giardino era nota in tutti gli ambienti scientifici.
Esperto alpinista e grande appassionato di scienze naturali (in particolare di botanica), fondò il 29 luglio 1897 il giardino botanico alpino “Chanousia” il cui nome ancora oggi lo ricorda. Lo scopo era quello di coltivare alcune delle specie di piante alpine più belle e più minacciate di estinzione, affinché la gente potesse ammirarle, imparare a conoscerle e rispettarle. Alla sua morte nel 1909, l'Abate Chanoux chiese di essere sepolto qui e oggi riposa nella cappella situata a poca distanza dall’amato giardino.
Il giardino si trova in territorio francese e si estende su una superficie di circa 10.000 mq. Le severe condizioni climatiche rendono la stagione vegetativa molto breve e condizionano le piante presenti che provengono da ambienti di tipo alpino e nivale.
Oggi si trovano a dimora circa 1200 specie, ben poche se si pensa che all’apice del suo sviluppo introno al 1940 vi erano coltivate più di 2.500 specie provenienti non solo dalle Alpi, ma anche da sistemi montuosi di ogni parte del mondo e la fama del giardino era nota in tutti gli ambienti scientifici.
Strada romana
La grande via romana che collegava Milano a Vienna, nella valle del Rodano, fu iniziata sotto il regno di Giulio Cesare verso il 45 a.C. e fu completata verso l’anno 2 o 3 d.C., con il Colle del Piccolo San Bernardo come punto culminante.
Il suo tracciato sfruttava ampi tratti di una vecchia via carovaniera già utilizzata dai Salassi e rappresenta un capolavoro dell’architettura romana. I Romani seguirono la via più diretta al colle, senza nessun tornante per smorzare la pendenza, migliorando il fondo con terra battuta e spesso con lastre di pietra (ancora oggi in parte visibili), su larghezze variabili da 3 a 5 metri. Ecco perché il geografo greco Strabone verso il 18 d.C. la descrive come una via praticabile con i carri per la maggior parte tracciato.
Era questa una via di comunicazione di primaria importanza che permetteva a merci e persone di valicare le Alpi in un’epoca in cui il clima decisamente più mite permetteva di passare praticamente tutto l’anno ai 2100 metri del Colle.
Sul lato italiano la strada attuale l’incrocia più volte. Sul lato francese, scende sulla sponda destra del torrent du reclus e raggiunge la frazione di Saint Germain.
Il suo tracciato sfruttava ampi tratti di una vecchia via carovaniera già utilizzata dai Salassi e rappresenta un capolavoro dell’architettura romana. I Romani seguirono la via più diretta al colle, senza nessun tornante per smorzare la pendenza, migliorando il fondo con terra battuta e spesso con lastre di pietra (ancora oggi in parte visibili), su larghezze variabili da 3 a 5 metri. Ecco perché il geografo greco Strabone verso il 18 d.C. la descrive come una via praticabile con i carri per la maggior parte tracciato.
Era questa una via di comunicazione di primaria importanza che permetteva a merci e persone di valicare le Alpi in un’epoca in cui il clima decisamente più mite permetteva di passare praticamente tutto l’anno ai 2100 metri del Colle.
Sul lato italiano la strada attuale l’incrocia più volte. Sul lato francese, scende sulla sponda destra del torrent du reclus e raggiunge la frazione di Saint Germain.
I quattro venti e statua di San Bernardo di Mentone
Poco oltre l’ospizio, affacciata sul versante francese del Colle del Piccolo San Bernardo si trova una piccola costruzione in pietra che assomiglia a una garitta con 4 nicchie, una per lato. Fu edificata dall’abate Chanoux, rettore dell’ospizio per 49 anni, dal 1860 fino alla sua morte, per meditare al riparo dal vento, indipendentemente dalla sua direzione. In seguito è stata utilizzata dai doganieri come posto di avvistamento dei contrabbandieri che salivano da valle.
Accanto si trova una imponente statua di San Bernardo da Mentone posta nel 1902 sempre dall’abate Chanoux su un piedistallo in tufo alto oltre 12 m. La figura di San Bernardo è fondamentale per la storia del Colle: fu lui nel 1034 a ricevere mandato di costruire l’ospizio. Il santo, raffigurato con il dito indice puntato verso l’Italia ad indicare la via da seguire per attraversare il passo incarnava, allora come oggi, l’essenza dell’accoglienza. Durante la seconda guerra mondiale il dito andò perso lasciando un pugno proteso in un gesto dall’aspetto più vendicativo.
Accanto si trova una imponente statua di San Bernardo da Mentone posta nel 1902 sempre dall’abate Chanoux su un piedistallo in tufo alto oltre 12 m. La figura di San Bernardo è fondamentale per la storia del Colle: fu lui nel 1034 a ricevere mandato di costruire l’ospizio. Il santo, raffigurato con il dito indice puntato verso l’Italia ad indicare la via da seguire per attraversare il passo incarnava, allora come oggi, l’essenza dell’accoglienza. Durante la seconda guerra mondiale il dito andò perso lasciando un pugno proteso in un gesto dall’aspetto più vendicativo.
Monumento ex-Internati
Il Monumento in onore degli ex-Internati è stato costruito nel 1955, a dieci anni dalla Liberazione dal nazi-fascismo, congiuntamente fra ex-internati militari italiani e francesi.
Ogni anno, nel corso dell'ultima domenica di luglio, si celebra la ricorrenza, per non dimenticare quei soldati che dopo l'8 settembre del 1943 vennero deportati nei campi di prigionia. coloro che riuscirono a tornare riuscirono a fondare l'Associazione nazionale ex-internati che ancora oggi vive grazie alla volontà di figli, nipoti e simpatizzanti.
Ogni anno, nel corso dell'ultima domenica di luglio, si celebra la ricorrenza, per non dimenticare quei soldati che dopo l'8 settembre del 1943 vennero deportati nei campi di prigionia. coloro che riuscirono a tornare riuscirono a fondare l'Associazione nazionale ex-internati che ancora oggi vive grazie alla volontà di figli, nipoti e simpatizzanti.
La Mansio romana
Quasi 2000 anni fa in questo luogo di grande passaggio sorgeva una grande Mansio per dare ospitalità a mercanti, soldati, viandanti in viaggio lungo la trafficata via che portava alla Gallia. Il percorso era disseminato di punti tappa e la Mansio al Colle del Piccolo San Bernardo era una delle più ampie e importanti, nonché la più alta.
Di questa imponente costruzione rimane oggi solo il perimetro di fondazione che fa capire come fosse disposto il complesso: erano presenti 12 cellette per i viaggiatori, le scuderie per le cavalcature e i muli, cortili e spazi comuni, magazzini, un tempio dedicato al dio Giove. Due erano gli ingressi: uno a Sud-Est che corrispondeva al retro della costruzione e uno a Nord-Ovest che dava sulla Via delle Gallie, separato da un’altra costruzione oltre la strada che fungeva da magazzino per le merci e i dazi.
Il tetto della Mansio inizialmente era di semplici fascine di paglia ottenute dai resti di sfalcio dei prati e dei campi di grano (quel tempo il clima era più mite ed era possibile coltivare in quota e di transitare tutto l’anno) e in seguito di lastre di ardesia, ricavate da una cava locale, posta poco oltre lo spartiacque naturale che discende verso la Tarentaise.
Di questa imponente costruzione rimane oggi solo il perimetro di fondazione che fa capire come fosse disposto il complesso: erano presenti 12 cellette per i viaggiatori, le scuderie per le cavalcature e i muli, cortili e spazi comuni, magazzini, un tempio dedicato al dio Giove. Due erano gli ingressi: uno a Sud-Est che corrispondeva al retro della costruzione e uno a Nord-Ovest che dava sulla Via delle Gallie, separato da un’altra costruzione oltre la strada che fungeva da magazzino per le merci e i dazi.
Il tetto della Mansio inizialmente era di semplici fascine di paglia ottenute dai resti di sfalcio dei prati e dei campi di grano (quel tempo il clima era più mite ed era possibile coltivare in quota e di transitare tutto l’anno) e in seguito di lastre di ardesia, ricavate da una cava locale, posta poco oltre lo spartiacque naturale che discende verso la Tarentaise.
Il Cromlech
La parola cromlech che deriva dalla lingua celtica (crom significa cerchio e lech significa pietre) descrive esattamente la sua essenza: 46 stele si trovano allineate in un cerchio leggermente ellittico con un diametro di 84x72 metri. Ogni stele è infissa nel terreno a distanza di circa 3-4 m dalle altre.
Questo luogo sacro fu creato dai celti in un periodo che risale a circa 2700 anni fa, in cui si praticava il “culto dei sassi”. A Tir Na Mor Art (Terra Della Grande Orsa, la Valle d’Aosta d’epoca celtica), erano di casa Vestali e Druidi che qui studiavano i fenomeni celesti e praticavano rituali.
Il cromlech è orientato con il Solstizio d’estate: nei giorni più lunghi dell’anno quando il sole volge al tramonto l’ombra delle due vette alle spalle del Cerchio Sacro si riflette sul terreno e ne abbraccia il perimetro, lasciando solo il centro del cerchio al sole.
Guerre e avversità atmosferiche hanno portato al graduale degrado di questo luogo. Si pensi che dal 1856 al 2012 la strada del Colle tagliava il Cromlech esattamente al centro e una decina di stele sono state asportate, fatto che per gli antichi Salassi avrebbe rappresentato un orribile sacrilegio!
Questo luogo sacro fu creato dai celti in un periodo che risale a circa 2700 anni fa, in cui si praticava il “culto dei sassi”. A Tir Na Mor Art (Terra Della Grande Orsa, la Valle d’Aosta d’epoca celtica), erano di casa Vestali e Druidi che qui studiavano i fenomeni celesti e praticavano rituali.
Il cromlech è orientato con il Solstizio d’estate: nei giorni più lunghi dell’anno quando il sole volge al tramonto l’ombra delle due vette alle spalle del Cerchio Sacro si riflette sul terreno e ne abbraccia il perimetro, lasciando solo il centro del cerchio al sole.
Guerre e avversità atmosferiche hanno portato al graduale degrado di questo luogo. Si pensi che dal 1856 al 2012 la strada del Colle tagliava il Cromlech esattamente al centro e una decina di stele sono state asportate, fatto che per gli antichi Salassi avrebbe rappresentato un orribile sacrilegio!
I bunker della Seconda Guerra Mondiale
Questa costruzione militare faceva parte del Vallo Alpino Occidentale a difesa dei confini italiani nel grande progetto di difesa che attraversava tutto l’arco alpino. Questa postazione in particolare era conosciuta come Vallo Alpino del Littorio (Littoria rimanda al nome di La Thuile in epoca fascista).
Sono ancora visibili i due accessi e una calotta in ghisa che fungeva da osservatorio. È piccolo e studiato per 2 persone armate di mitraglietta con una visuale di sparo in quattro direzioni.
Tutte le difese e gli sbarramenti costruiti al Colle del Piccolo San Bernardo avevano il compito di fermare l’avanzata francese durante la Seconda Guerra Mondiale che colpì questi territori più che altre zone perché il passaggio qui era più agevole.
Nella seconda metà degli anni ‘30 iniziò la costruzione di nuove fortificazioni e l’adeguamento di quelle già esistenti. Vennero installate le strutture difensive controcarro su entrambi i lati della strada, in corrispondenza dello spartiacque naturale del Colle e successivamente numerosi bivacchi, osservatori di artiglieria, bunker, i fortini di Chaz Duraz e del Monte Belvedere, la Ridotta della Traversette.
Verso la metà di agosto del 1939, quando i venti di guerra iniziarono a soffiare con forza, un contingente di soldati fu inviato a presidiare i confini e difendere la Patria. Il passo del Petit-Saint-Bernard divenne campo di battaglia dal 21 al 24 giugno 1940.
Sono ancora visibili i due accessi e una calotta in ghisa che fungeva da osservatorio. È piccolo e studiato per 2 persone armate di mitraglietta con una visuale di sparo in quattro direzioni.
Tutte le difese e gli sbarramenti costruiti al Colle del Piccolo San Bernardo avevano il compito di fermare l’avanzata francese durante la Seconda Guerra Mondiale che colpì questi territori più che altre zone perché il passaggio qui era più agevole.
Nella seconda metà degli anni ‘30 iniziò la costruzione di nuove fortificazioni e l’adeguamento di quelle già esistenti. Vennero installate le strutture difensive controcarro su entrambi i lati della strada, in corrispondenza dello spartiacque naturale del Colle e successivamente numerosi bivacchi, osservatori di artiglieria, bunker, i fortini di Chaz Duraz e del Monte Belvedere, la Ridotta della Traversette.
Verso la metà di agosto del 1939, quando i venti di guerra iniziarono a soffiare con forza, un contingente di soldati fu inviato a presidiare i confini e difendere la Patria. Il passo del Petit-Saint-Bernard divenne campo di battaglia dal 21 al 24 giugno 1940.
L’ospizio
La parola ospizio descrive una casa di accoglienza dove i viaggiatori possono trovare vitto e alloggio. Quello del Piccolo San Bernardo è legato alla figura di San Bernardo, arcidiacono di Aosta che intorno al 1050 fece edificare un ospizio e una chiesa servita da religiosi dipendenti dal monastero di San Pietro nel Vallese svizzero.
L’ospizio fu affidato nel 1113 all’ordine dei monaci di Saint-Gilles di Verrès. Un nuovo ospizio venne costruito per volere di San Pietro II, arcivescovo di Tarantasia, poco più a Sud, nella posizione attuale. L’edifico conobbe alterni periodi di degrado e prosperità.
Dal 1752 il suo nome viene abbinato all’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro e sulla facciata compare l’emblema crociato dell’Ordine Mauriziano.
Nel 1860 arriva l’Abate Pietro Chanoux che contribuì a garantire, sia in estate che in inverno, l’ospitalità per 50 anni. Nel 1920 l’ospizio batte fece registrare un record di passaggi, oltre 21.000 di cui oltre 500 in inverno!
Durante la Il seconda guerra mondiale l’edificio fu devastato e giacque a lungo in rovina. Nel 1985 dalla cooperazione tra i Rotary club italiani e francesi ebbe partì la sua riabilitazione e dall’estate 1995 un ospizio rinnovato ed attrezzato tornò ad essere l’anima del Colle del Piccolo San Bernardo.
L’ospizio fu affidato nel 1113 all’ordine dei monaci di Saint-Gilles di Verrès. Un nuovo ospizio venne costruito per volere di San Pietro II, arcivescovo di Tarantasia, poco più a Sud, nella posizione attuale. L’edifico conobbe alterni periodi di degrado e prosperità.
Dal 1752 il suo nome viene abbinato all’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro e sulla facciata compare l’emblema crociato dell’Ordine Mauriziano.
Nel 1860 arriva l’Abate Pietro Chanoux che contribuì a garantire, sia in estate che in inverno, l’ospitalità per 50 anni. Nel 1920 l’ospizio batte fece registrare un record di passaggi, oltre 21.000 di cui oltre 500 in inverno!
Durante la Il seconda guerra mondiale l’edificio fu devastato e giacque a lungo in rovina. Nel 1985 dalla cooperazione tra i Rotary club italiani e francesi ebbe partì la sua riabilitazione e dall’estate 1995 un ospizio rinnovato ed attrezzato tornò ad essere l’anima del Colle del Piccolo San Bernardo.
Il mulino di Saint-Germain
All’ingresso del piccolo paese si trova un antico mulino ad acqua risalente alla fine del XVII secolo. Esternamente si apprezza l’edifico in pietra e la grande ruota in legno, frutto di un restauro fortemente voluto dagli abitanti del villaggio fra il 1987 e il 1989.
All’interno si trovano i meccanismi della macina- oggi in metallo ma un tempo interamente in legno – il forno per il pane e un piccolo museo dedicato alla vita contadina del passato.
In estate viene ancora cotto il pane come una volta: il forno oggi come allora viene acceso alla vigilia utilizzando la legna portata dagli abitanti del villaggio. I pani, una volta cotti, venivano conservati facendoli seccare all’aria sopra speciali rastrelliere in legno sospese da terra a protezione dai topi. Per consumarlo era necessario romperlo in pezzi e ammorbidirlo in zuppe oppure nel latte, nel vino o nel brodo.
All’interno si trovano i meccanismi della macina- oggi in metallo ma un tempo interamente in legno – il forno per il pane e un piccolo museo dedicato alla vita contadina del passato.
In estate viene ancora cotto il pane come una volta: il forno oggi come allora viene acceso alla vigilia utilizzando la legna portata dagli abitanti del villaggio. I pani, una volta cotti, venivano conservati facendoli seccare all’aria sopra speciali rastrelliere in legno sospese da terra a protezione dai topi. Per consumarlo era necessario romperlo in pezzi e ammorbidirlo in zuppe oppure nel latte, nel vino o nel brodo.
Profilo altimetrico
Raccomandazioni
Il percorso non è praticabile in inverno
Accesso stradale e parcheggi
Saint-Germain è raggiungibile in auto da Séez seguendo la direzione di La Rosière -Col du Petit Saint-Bernard, a 2 km da Villard-Dessus prendere la strada a sinistra tra l'Hotel le Relais Des Villards e l'Auberge du Val Joli verso Saint-Germain. A piedi Saint-Germain è raggiungibile seguendo il bel sentiero della Contessa Cécile. La passeggiata richiede 1 h 15 dal parcheggio Pont du Reclus.
La Thuile è raggiungibile percorrendo la strada statale 26 della Valle d’Aosta, 17 km dopo il bivio in località Pré-Saint-Didier.
La Thuile è raggiungibile percorrendo la strada statale 26 della Valle d’Aosta, 17 km dopo il bivio in località Pré-Saint-Didier.
Parcheggio :
Saint Germain (Séez, FR), Ingresso paese (La Thuile, IT)
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