Sentiero della memoria
Sentiero della memoria
Difficoltà
1h
Durata2,8km
Distanza+85m
Elevazione positiva-83m
Elevazione negativaIncorpora questo articolo per accedervi offline
Il sentiero della Memoria è un facile itinerario circolare che tocca i principali punti di interesse storico presenti al Colle del Piccolo San Bernardo.
La passeggiata si svolge nell’abbraccio della natura d’alta quota e permette di scoprire testimonianze lasciateci dai popoli che vi hanno vissuto più di 2000 anni fa, segni di fatti storici e tracce lasciate da personaggi che raccontano di un luogo che apriva la strada fra le montagne verso la Gallia.
La passeggiata si svolge nell’abbraccio della natura d’alta quota e permette di scoprire testimonianze lasciateci dai popoli che vi hanno vissuto più di 2000 anni fa, segni di fatti storici e tracce lasciate da personaggi che raccontano di un luogo che apriva la strada fra le montagne verso la Gallia.
Descrizione
Lasciata l’auto al parcheggio presso vecchia dogana italiana (2198 m), imboccare il sentiero parallelo alla strada statale 26 in direzione Sud, Sud-Ovest seguendo i pannelli, sagome in metallo e statue. Superata la Mansio e attraversato il Cromlech, proseguire in direzione Ospizio (2164 m) percorrendo la bella piana del Colle del Piccolo San Bernardo. Una volta giunti all’ospizio, proseguire percorrendo un tratto di strada statale 26 in direzione Italia per circa 100 metri e una volta giunti al piccolo parcheggio sterrato, imboccare il sentiero sulla destra che conduce alla Cappella dell’Abate Chanoux. Seguendo il sentiero si giunge sul retro del Giardino Botanico Alpino Chanusia in leggera salita fino si raggiunge la strada poderale a quota 2243 m. Proseguire la strada per circa 80 metri poi prendere il sentiero a sinistra che in discesa porta ai fabbricati della vecchia dogana francese. Da qui, lungo il percorso dell’andata, si ritorna al punto di partenza.
12 I patrimoni da scoprire
Monumento ex-Internati
Il Monumento in onore degli ex-Internati è stato costruito nel 1955, a dieci anni dalla Liberazione dal nazi-fascismo, congiuntamente fra ex-internati militari italiani e francesi.
Ogni anno, nel corso dell'ultima domenica di luglio, si celebra la ricorrenza, per non dimenticare quei soldati che dopo l'8 settembre del 1943 vennero deportati nei campi di prigionia. coloro che riuscirono a tornare riuscirono a fondare l'Associazione nazionale ex-internati che ancora oggi vive grazie alla volontà di figli, nipoti e simpatizzanti.
Ogni anno, nel corso dell'ultima domenica di luglio, si celebra la ricorrenza, per non dimenticare quei soldati che dopo l'8 settembre del 1943 vennero deportati nei campi di prigionia. coloro che riuscirono a tornare riuscirono a fondare l'Associazione nazionale ex-internati che ancora oggi vive grazie alla volontà di figli, nipoti e simpatizzanti.
La Mansio romana
Quasi 2000 anni fa in questo luogo di grande passaggio sorgeva una grande Mansio per dare ospitalità a mercanti, soldati, viandanti in viaggio lungo la trafficata via che portava alla Gallia. Il percorso era disseminato di punti tappa e la Mansio al Colle del Piccolo San Bernardo era una delle più ampie e importanti, nonché la più alta.
Di questa imponente costruzione rimane oggi solo il perimetro di fondazione che fa capire come fosse disposto il complesso: erano presenti 12 cellette per i viaggiatori, le scuderie per le cavalcature e i muli, cortili e spazi comuni, magazzini, un tempio dedicato al dio Giove. Due erano gli ingressi: uno a Sud-Est che corrispondeva al retro della costruzione e uno a Nord-Ovest che dava sulla Via delle Gallie, separato da un’altra costruzione oltre la strada che fungeva da magazzino per le merci e i dazi.
Il tetto della Mansio inizialmente era di semplici fascine di paglia ottenute dai resti di sfalcio dei prati e dei campi di grano (quel tempo il clima era più mite ed era possibile coltivare in quota e di transitare tutto l’anno) e in seguito di lastre di ardesia, ricavate da una cava locale, posta poco oltre lo spartiacque naturale che discende verso la Tarentaise.
Di questa imponente costruzione rimane oggi solo il perimetro di fondazione che fa capire come fosse disposto il complesso: erano presenti 12 cellette per i viaggiatori, le scuderie per le cavalcature e i muli, cortili e spazi comuni, magazzini, un tempio dedicato al dio Giove. Due erano gli ingressi: uno a Sud-Est che corrispondeva al retro della costruzione e uno a Nord-Ovest che dava sulla Via delle Gallie, separato da un’altra costruzione oltre la strada che fungeva da magazzino per le merci e i dazi.
Il tetto della Mansio inizialmente era di semplici fascine di paglia ottenute dai resti di sfalcio dei prati e dei campi di grano (quel tempo il clima era più mite ed era possibile coltivare in quota e di transitare tutto l’anno) e in seguito di lastre di ardesia, ricavate da una cava locale, posta poco oltre lo spartiacque naturale che discende verso la Tarentaise.
Il Cromlech
La parola cromlech che deriva dalla lingua celtica (crom significa cerchio e lech significa pietre) descrive esattamente la sua essenza: 46 stele si trovano allineate in un cerchio leggermente ellittico con un diametro di 84x72 metri. Ogni stele è infissa nel terreno a distanza di circa 3-4 m dalle altre.
Questo luogo sacro fu creato dai celti in un periodo che risale a circa 2700 anni fa, in cui si praticava il “culto dei sassi”. A Tir Na Mor Art (Terra Della Grande Orsa, la Valle d’Aosta d’epoca celtica), erano di casa Vestali e Druidi che qui studiavano i fenomeni celesti e praticavano rituali.
Il cromlech è orientato con il Solstizio d’estate: nei giorni più lunghi dell’anno quando il sole volge al tramonto l’ombra delle due vette alle spalle del Cerchio Sacro si riflette sul terreno e ne abbraccia il perimetro, lasciando solo il centro del cerchio al sole.
Guerre e avversità atmosferiche hanno portato al graduale degrado di questo luogo. Si pensi che dal 1856 al 2012 la strada del Colle tagliava il Cromlech esattamente al centro e una decina di stele sono state asportate, fatto che per gli antichi Salassi avrebbe rappresentato un orribile sacrilegio!
Questo luogo sacro fu creato dai celti in un periodo che risale a circa 2700 anni fa, in cui si praticava il “culto dei sassi”. A Tir Na Mor Art (Terra Della Grande Orsa, la Valle d’Aosta d’epoca celtica), erano di casa Vestali e Druidi che qui studiavano i fenomeni celesti e praticavano rituali.
Il cromlech è orientato con il Solstizio d’estate: nei giorni più lunghi dell’anno quando il sole volge al tramonto l’ombra delle due vette alle spalle del Cerchio Sacro si riflette sul terreno e ne abbraccia il perimetro, lasciando solo il centro del cerchio al sole.
Guerre e avversità atmosferiche hanno portato al graduale degrado di questo luogo. Si pensi che dal 1856 al 2012 la strada del Colle tagliava il Cromlech esattamente al centro e una decina di stele sono state asportate, fatto che per gli antichi Salassi avrebbe rappresentato un orribile sacrilegio!
I bunker della Seconda Guerra Mondiale
Questa costruzione militare faceva parte del Vallo Alpino Occidentale a difesa dei confini italiani nel grande progetto di difesa che attraversava tutto l’arco alpino. Questa postazione in particolare era conosciuta come Vallo Alpino del Littorio (Littoria rimanda al nome di La Thuile in epoca fascista).
Sono ancora visibili i due accessi e una calotta in ghisa che fungeva da osservatorio. È piccolo e studiato per 2 persone armate di mitraglietta con una visuale di sparo in quattro direzioni.
Tutte le difese e gli sbarramenti costruiti al Colle del Piccolo San Bernardo avevano il compito di fermare l’avanzata francese durante la Seconda Guerra Mondiale che colpì questi territori più che altre zone perché il passaggio qui era più agevole.
Nella seconda metà degli anni ‘30 iniziò la costruzione di nuove fortificazioni e l’adeguamento di quelle già esistenti. Vennero installate le strutture difensive controcarro su entrambi i lati della strada, in corrispondenza dello spartiacque naturale del Colle e successivamente numerosi bivacchi, osservatori di artiglieria, bunker, i fortini di Chaz Duraz e del Monte Belvedere, la Ridotta della Traversette.
Verso la metà di agosto del 1939, quando i venti di guerra iniziarono a soffiare con forza, un contingente di soldati fu inviato a presidiare i confini e difendere la Patria. Il passo del Petit-Saint-Bernard divenne campo di battaglia dal 21 al 24 giugno 1940.
Sono ancora visibili i due accessi e una calotta in ghisa che fungeva da osservatorio. È piccolo e studiato per 2 persone armate di mitraglietta con una visuale di sparo in quattro direzioni.
Tutte le difese e gli sbarramenti costruiti al Colle del Piccolo San Bernardo avevano il compito di fermare l’avanzata francese durante la Seconda Guerra Mondiale che colpì questi territori più che altre zone perché il passaggio qui era più agevole.
Nella seconda metà degli anni ‘30 iniziò la costruzione di nuove fortificazioni e l’adeguamento di quelle già esistenti. Vennero installate le strutture difensive controcarro su entrambi i lati della strada, in corrispondenza dello spartiacque naturale del Colle e successivamente numerosi bivacchi, osservatori di artiglieria, bunker, i fortini di Chaz Duraz e del Monte Belvedere, la Ridotta della Traversette.
Verso la metà di agosto del 1939, quando i venti di guerra iniziarono a soffiare con forza, un contingente di soldati fu inviato a presidiare i confini e difendere la Patria. Il passo del Petit-Saint-Bernard divenne campo di battaglia dal 21 al 24 giugno 1940.
La piana dell’ospizio
La zona del Colle del Piccolo San Bernardo è caratterizzata da una grande zona pianeggiante. La sua origine deriva dall’azione di modellamento da parte dei ghiacciai che unita alle caratteristiche di roccia e terreno e alla presenza di ruscelli, laghetti alpini, torbiere e piccole zone umide ha creato un ampio spazio dove in estate è facile trovare mandrie di mucche al pascolo.
La tradizione di portare le vacche al pascolo in alpeggio, tipicamente da San Giovanni (24 giungo) a San Michele (29 settembre), è molto antica e praticata già dagli antichi popoli ceutroni e salassi. La stessa parola “alpe” deriva dalla lingua celtica.
Il clima in passato era più mite e la frequentazione del colle era continuativa; era possibile coltivare una varietà di grano particolarmente resistente e si pascolava per molti più mesi l’anno.
In estate i pastori ai due lati del Colle si ritrovano ancora oggi a giugno per festeggiare insieme la prima apertura del Colle al disgelo (festa della Pass-Pitchou), e ad agosto in occasione della Fête des bergers.
La tradizione di portare le vacche al pascolo in alpeggio, tipicamente da San Giovanni (24 giungo) a San Michele (29 settembre), è molto antica e praticata già dagli antichi popoli ceutroni e salassi. La stessa parola “alpe” deriva dalla lingua celtica.
Il clima in passato era più mite e la frequentazione del colle era continuativa; era possibile coltivare una varietà di grano particolarmente resistente e si pascolava per molti più mesi l’anno.
In estate i pastori ai due lati del Colle si ritrovano ancora oggi a giugno per festeggiare insieme la prima apertura del Colle al disgelo (festa della Pass-Pitchou), e ad agosto in occasione della Fête des bergers.
L’ospizio
La parola ospizio descrive una casa di accoglienza dove i viaggiatori possono trovare vitto e alloggio. Quello del Piccolo San Bernardo è legato alla figura di San Bernardo, arcidiacono di Aosta che intorno al 1050 fece edificare un ospizio e una chiesa servita da religiosi dipendenti dal monastero di San Pietro nel Vallese svizzero.
L’ospizio fu affidato nel 1113 all’ordine dei monaci di Saint-Gilles di Verrès. Un nuovo ospizio venne costruito per volere di San Pietro II, arcivescovo di Tarantasia, poco più a Sud, nella posizione attuale. L’edifico conobbe alterni periodi di degrado e prosperità.
Dal 1752 il suo nome viene abbinato all’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro e sulla facciata compare l’emblema crociato dell’Ordine Mauriziano.
Nel 1860 arriva l’Abate Pietro Chanoux che contribuì a garantire, sia in estate che in inverno, l’ospitalità per 50 anni. Nel 1920 l’ospizio batte fece registrare un record di passaggi, oltre 21.000 di cui oltre 500 in inverno!
Durante la Il seconda guerra mondiale l’edificio fu devastato e giacque a lungo in rovina. Nel 1985 dalla cooperazione tra i Rotary club italiani e francesi ebbe partì la sua riabilitazione e dall’estate 1995 un ospizio rinnovato ed attrezzato tornò ad essere l’anima del Colle del Piccolo San Bernardo.
L’ospizio fu affidato nel 1113 all’ordine dei monaci di Saint-Gilles di Verrès. Un nuovo ospizio venne costruito per volere di San Pietro II, arcivescovo di Tarantasia, poco più a Sud, nella posizione attuale. L’edifico conobbe alterni periodi di degrado e prosperità.
Dal 1752 il suo nome viene abbinato all’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro e sulla facciata compare l’emblema crociato dell’Ordine Mauriziano.
Nel 1860 arriva l’Abate Pietro Chanoux che contribuì a garantire, sia in estate che in inverno, l’ospitalità per 50 anni. Nel 1920 l’ospizio batte fece registrare un record di passaggi, oltre 21.000 di cui oltre 500 in inverno!
Durante la Il seconda guerra mondiale l’edificio fu devastato e giacque a lungo in rovina. Nel 1985 dalla cooperazione tra i Rotary club italiani e francesi ebbe partì la sua riabilitazione e dall’estate 1995 un ospizio rinnovato ed attrezzato tornò ad essere l’anima del Colle del Piccolo San Bernardo.
Mansio romana
Quasi 2000 anni fa il Colle del Piccolo San Bernardo era un luogo di grande passaggio lungo la trafficata via che portava alla Gallia. Per dare ospitalità a mercanti, soldati, viandanti in viaggio fu costruita una grande Mansio, punto tappa considerato fra i più ampi e importanti dell’epoca, nonché il più alto.
Di questa imponente costruzione rimane oggi solo il perimetro di fondazione che fa capire come fosse disposto il complesso: erano presenti 12 cellette per i viaggiatori, le scuderie per le cavalcature e i muli, cortili e spazi comuni, magazzini, un tempio dedicato al dio Giove.
Due erano gli ingressi: uno a Sud-Est che corrispondeva al retro della costruzione e uno a Nord-Ovest che dava sulla Via delle Gallie, separato da un’altra costruzione oltre la strada che fungeva da magazzino per le merci e i dazi.
Il tetto della Mansio era inizialmente di semplici fascine di paglia ottenute dai resti di sfalcio dei prati e dei campi di grano (a quel tempo il clima era più mite ed era possibile coltivare in quota e transitare tutto l’anno) e in seguito di lastre di ardesia, ricavate da una cava locale, posta poco oltre lo spartiacque naturale che discende verso la Tarentaise.
Di questa imponente costruzione rimane oggi solo il perimetro di fondazione che fa capire come fosse disposto il complesso: erano presenti 12 cellette per i viaggiatori, le scuderie per le cavalcature e i muli, cortili e spazi comuni, magazzini, un tempio dedicato al dio Giove.
Due erano gli ingressi: uno a Sud-Est che corrispondeva al retro della costruzione e uno a Nord-Ovest che dava sulla Via delle Gallie, separato da un’altra costruzione oltre la strada che fungeva da magazzino per le merci e i dazi.
Il tetto della Mansio era inizialmente di semplici fascine di paglia ottenute dai resti di sfalcio dei prati e dei campi di grano (a quel tempo il clima era più mite ed era possibile coltivare in quota e transitare tutto l’anno) e in seguito di lastre di ardesia, ricavate da una cava locale, posta poco oltre lo spartiacque naturale che discende verso la Tarentaise.
Lago Verney
Il lago Verney è il più vasto lago alpino naturale della Valle d’Aosta. Di origine glaciale si trova a 2.088 m di altezza, tra il Bec des Rousses, promontorio del Piccolo San Bernardo, e il monte Chaz Dura.
Le sponde del lago sono colonizzate da una vegetazione igrofila che comprende varietà botaniche pregiate come eriofili, carici e giunchi oltre agli sfagni, specie tipiche delle torbiere. Sui lati, l’opera della natura ha lasciato depositi morenici ricchi di risorgive, perfetto habitat per primule e sassifraghe.
In un tempo lontano, oltre 2000 anni fa, il popolo Salasso considerava queste acque sacre: erano usate per benedire i campi, le unioni e i figli, propiziarsi una feconda estate o un benevolo inverno. Quando i condottieri salassi tornavano vincitori da una battaglia offrivano a Graio, dio della guerra e delle rocce, le spade degli avversari caduti, in segno di ringraziamento.
Oggi il Lago di Verney è meta prediletta da molti turisti oltre che riserva di pesca. Si può percorrere il suo intero perimetro con una comoda passeggiata di circa 45 minuti e salendo ancora si può raggiungere in circa mezz’ora il Lago Verney Superiore.
Le sponde del lago sono colonizzate da una vegetazione igrofila che comprende varietà botaniche pregiate come eriofili, carici e giunchi oltre agli sfagni, specie tipiche delle torbiere. Sui lati, l’opera della natura ha lasciato depositi morenici ricchi di risorgive, perfetto habitat per primule e sassifraghe.
In un tempo lontano, oltre 2000 anni fa, il popolo Salasso considerava queste acque sacre: erano usate per benedire i campi, le unioni e i figli, propiziarsi una feconda estate o un benevolo inverno. Quando i condottieri salassi tornavano vincitori da una battaglia offrivano a Graio, dio della guerra e delle rocce, le spade degli avversari caduti, in segno di ringraziamento.
Oggi il Lago di Verney è meta prediletta da molti turisti oltre che riserva di pesca. Si può percorrere il suo intero perimetro con una comoda passeggiata di circa 45 minuti e salendo ancora si può raggiungere in circa mezz’ora il Lago Verney Superiore.
Bunker della Seconda Guerra Mondiale
Questa costruzione militare faceva parte del Vallo Alpino Occidentale a difesa dei confini italiani nel grande progetto di difesa che attraversava tutto l’arco alpino. Questa postazione in particolare era conosciuta come Vallo Alpino del Littorio (Littoria rimanda al nome di La Thuile in epoca fascista).
Sono ancora visibili i due accessi e una calotta in ghisa che fungeva da osservatorio. È piccolo e studiato per 2 persone armate di mitraglietta con una visuale di sparo in quattro direzioni.
Tutte le difese e gli sbarramenti costruiti al Colle del Piccolo San Bernardo avevano il compito di fermare l’avanzata francese durante la Seconda Guerra Mondiale che colpì questi territori più che altre zone perché il passaggio era qui più agevole.
Nella seconda metà degli anni ‘30 iniziò la costruzione di nuove fortificazioni e l’adeguamento di quelle già esistenti. Vennero installate le strutture difensive controcarro su entrambi i lati della strada, in corrispondenza dello spartiacque naturale del Colle e successivamente numerosi bivacchi, osservatori di artiglieria, bunker, i fortini di Chaz Duraz e del Monte Belvedere, la Ridotta della Traversette.
Verso la metà di agosto del 1939, quando i venti di guerra iniziarono a soffiare con forza, un contingente di soldati fu inviato a presidiare i confini e difendere la Patria. Il 1° settembre venne dichiarata la guerra e nulla fu più come prima…
Sono ancora visibili i due accessi e una calotta in ghisa che fungeva da osservatorio. È piccolo e studiato per 2 persone armate di mitraglietta con una visuale di sparo in quattro direzioni.
Tutte le difese e gli sbarramenti costruiti al Colle del Piccolo San Bernardo avevano il compito di fermare l’avanzata francese durante la Seconda Guerra Mondiale che colpì questi territori più che altre zone perché il passaggio era qui più agevole.
Nella seconda metà degli anni ‘30 iniziò la costruzione di nuove fortificazioni e l’adeguamento di quelle già esistenti. Vennero installate le strutture difensive controcarro su entrambi i lati della strada, in corrispondenza dello spartiacque naturale del Colle e successivamente numerosi bivacchi, osservatori di artiglieria, bunker, i fortini di Chaz Duraz e del Monte Belvedere, la Ridotta della Traversette.
Verso la metà di agosto del 1939, quando i venti di guerra iniziarono a soffiare con forza, un contingente di soldati fu inviato a presidiare i confini e difendere la Patria. Il 1° settembre venne dichiarata la guerra e nulla fu più come prima…
Cromlech
La parola cromlech che deriva dalla lingua celtica (crom significa cerchio e lech significa pietre) descrive esattamente la sua essenza: 46 stele si trovano allineate in un cerchio leggermente ellittico con un diametro di 84x72 metri. Ogni stele è infissa nel terreno a distanza di circa 3-4 m dalle altre.
Questo luogo sacro fu creato dai celti in un periodo che risale a circa 2700 anni fa, in cui si praticava il “culto dei sassi”. A Tir Na Mor Art (Terra Della Grande Orsa, la Valle d’Aosta d’epoca celtica), erano di casa Vestali e Druidi che qui studiavano i fenomeni celesti e praticavano rituali.
Il cromlech è orientato con il Solstizio d’estate: nei giorni più lunghi dell’anno quando il sole volge al tramonto l’ombra delle due vette alle spalle del Cerchio Sacro si riflette sul terreno e ne abbraccia il perimetro, lasciando solo il centro del cerchio al sole.
Guerre e avversità atmosferiche hanno portato al graduale degrado di questo luogo. Si pensi che dal 1856 al 2012 la strada del Colle tagliava il Cromlech esattamente al centro e una decina di stele sono state asportate, fatto che per gli antichi Salassi avrebbe rappresentato un orribile sacrilegio!
Questo luogo sacro fu creato dai celti in un periodo che risale a circa 2700 anni fa, in cui si praticava il “culto dei sassi”. A Tir Na Mor Art (Terra Della Grande Orsa, la Valle d’Aosta d’epoca celtica), erano di casa Vestali e Druidi che qui studiavano i fenomeni celesti e praticavano rituali.
Il cromlech è orientato con il Solstizio d’estate: nei giorni più lunghi dell’anno quando il sole volge al tramonto l’ombra delle due vette alle spalle del Cerchio Sacro si riflette sul terreno e ne abbraccia il perimetro, lasciando solo il centro del cerchio al sole.
Guerre e avversità atmosferiche hanno portato al graduale degrado di questo luogo. Si pensi che dal 1856 al 2012 la strada del Colle tagliava il Cromlech esattamente al centro e una decina di stele sono state asportate, fatto che per gli antichi Salassi avrebbe rappresentato un orribile sacrilegio!
La Chanousia
La storia del giardino Botanico alpino Chanousia è legata alla figura dell’Abbé Chanoux. Nominato nel 1860 Rettore dell’Ospizio del Piccolo San Bernardo vi rimase per 49 anni fino alla morte, amando profondamente questi luoghi.
Esperto alpinista e grande appassionato di scienze naturali (particolare di botanica), fondò il 29 luglio 1897 il giardino botanico alpino “Chanousia” il cui nome ancora oggi lo ricorda. Lo scopo dell'Abate era quello di coltivare alcune delle specie di piante alpine più belle e più minacciate di estinzione, affinché la gente potesse ammirarle e imparare a conoscerle e rispettarle. Alla sua morte nel 1909, l'Abate Chanoux chiese di essere sepolto qui e oggi riposa nella cappella situata a poca distanza dall’amato giardino.
Il giardino si trova in territorio francese e si estende su una superficie di circa 10.000 mq. Le severe condizioni climatiche rendono la stagione vegetativa molto breve e condizionano le piante presenti che provengono da ambienti di tipo alpino e nivale.
Oggi si trovano a dimora circa 1200 specie, ben poche se si pensa che all’apice del suo sviluppo negli anni 40 del Novecento vi erano coltivate più di 2.500 specie provenienti non solo dalle Alpi, ma anche da sistemi montuosi di ogni parte del mondo e la fama del giardino era nota in tutti gli ambienti scientifici.
Esperto alpinista e grande appassionato di scienze naturali (particolare di botanica), fondò il 29 luglio 1897 il giardino botanico alpino “Chanousia” il cui nome ancora oggi lo ricorda. Lo scopo dell'Abate era quello di coltivare alcune delle specie di piante alpine più belle e più minacciate di estinzione, affinché la gente potesse ammirarle e imparare a conoscerle e rispettarle. Alla sua morte nel 1909, l'Abate Chanoux chiese di essere sepolto qui e oggi riposa nella cappella situata a poca distanza dall’amato giardino.
Il giardino si trova in territorio francese e si estende su una superficie di circa 10.000 mq. Le severe condizioni climatiche rendono la stagione vegetativa molto breve e condizionano le piante presenti che provengono da ambienti di tipo alpino e nivale.
Oggi si trovano a dimora circa 1200 specie, ben poche se si pensa che all’apice del suo sviluppo negli anni 40 del Novecento vi erano coltivate più di 2.500 specie provenienti non solo dalle Alpi, ma anche da sistemi montuosi di ogni parte del mondo e la fama del giardino era nota in tutti gli ambienti scientifici.
La colonna di Giove
Quando nell’Anno Domini 1034 San Bernardo da Mentone entrò nei Canonici della Cattedrale di Aosta venne incaricato di costruire due nuovi ospizi per i viandanti: uno lungo la via chiamata Mont Joux (Colle del Gran San Bernardo) e uno a servizio della via chiamata Colonne Joux (Colle del Piccolo San Bernardo).
Quando San Bernardo giunse in questi luoghi trovò molti templi pagani. Uno di questi si ergeva poco oltre il Cromlech ed era composto da un sacrario e da un triplo colonnato esterno. Sulla più alta delle colonne era posta una magnifica pietra di colore rosso intenso che aveva il potere di catturare la luce del sole morente nel giorno dell’Equinozio creando bagliori su gran parte della spianata del Colle. Chiamata occhio di Graio e poi occhio di Giove, era stata posizionata ai tempi dei Salassi per adorare le loro divinità. Secondo la leggenda fu San Bernardo in persona a sopprimere questo simbolo pagano distruggendo la pietra. Al suo posto venne posizionata prima una semplice croce in ferro, poi una statua del santo.
Di questo tempio di cui oggi restano solo le fondamenta fu scoperto negli anni ’30 in occasione di una delle prime campagne di scavo al Colle. Vennero alla luce numerosi reperti (oggi esposti al Museo Archeologico Regionale ad Aosta), fra cui placche in argento, monete, una placchetta votiva dedicata ad Ercole e un busto in argento raffigurante Giove Graiocelo.
Quando San Bernardo giunse in questi luoghi trovò molti templi pagani. Uno di questi si ergeva poco oltre il Cromlech ed era composto da un sacrario e da un triplo colonnato esterno. Sulla più alta delle colonne era posta una magnifica pietra di colore rosso intenso che aveva il potere di catturare la luce del sole morente nel giorno dell’Equinozio creando bagliori su gran parte della spianata del Colle. Chiamata occhio di Graio e poi occhio di Giove, era stata posizionata ai tempi dei Salassi per adorare le loro divinità. Secondo la leggenda fu San Bernardo in persona a sopprimere questo simbolo pagano distruggendo la pietra. Al suo posto venne posizionata prima una semplice croce in ferro, poi una statua del santo.
Di questo tempio di cui oggi restano solo le fondamenta fu scoperto negli anni ’30 in occasione di una delle prime campagne di scavo al Colle. Vennero alla luce numerosi reperti (oggi esposti al Museo Archeologico Regionale ad Aosta), fra cui placche in argento, monete, una placchetta votiva dedicata ad Ercole e un busto in argento raffigurante Giove Graiocelo.
Profilo altimetrico
Raccomandazioni
Il percorso è circolare e può essere iniziato in qualunque punto.
Accesso stradale e parcheggi
Il percorso si trova al valico del Piccolo San Bernardo (2188 m) in corrispondenza del confine di Stato.
Arrivando dall’Italia: SS 26 della Valle d’Aosta, 13 km dopo l’abitato di La Thuile.
Arrivando dalla Francia: D1090, 8 km dopo l’abitato di La Rosière.
Il Colle è chiuso al traffico in inverno (metà novembre-fine maggio).
Il percorso è circolare e può essere imboccato in qualunque punto. Percorrendolo in qualsiasi senso si incontrano una serie di personaggi (statue e sagome in metallo) che forniscono informazioni testuali sui vari luoghi che li hanno visti protagonisti nelle varie epoche.
Arrivando dall’Italia: SS 26 della Valle d’Aosta, 13 km dopo l’abitato di La Thuile.
Arrivando dalla Francia: D1090, 8 km dopo l’abitato di La Rosière.
Il Colle è chiuso al traffico in inverno (metà novembre-fine maggio).
Il percorso è circolare e può essere imboccato in qualunque punto. Percorrendolo in qualsiasi senso si incontrano una serie di personaggi (statue e sagome in metallo) che forniscono informazioni testuali sui vari luoghi che li hanno visti protagonisti nelle varie epoche.
Parcheggio :
vecchia dogana italiana o Ospizio in territorio francese
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