SkiAlp da La Thuile
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SkiAlp da La Thuile

SkiAlp da La Thuile

Sviluppo in salita 3,6 km dislivello positivo con pelli +380 m  

Il percorso transfrontaliero SkiAlp prevede l'utilizzo di impianti di risalita su alcuni tratti del percorso.
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Con gli sci ai piedi, circondati da cime innevate e da una natura abbagliante, inizia una esplorazione che regala sensazioni uniche grazie all’unione di due territori unici.
Un bellissimo tracciato internazionale dedicato allo scialpinismo che unisce l’attività sportiva alla scoperta di luoghi ricchi di valori naturali, paesaggi, punti panoramici e punti di interesse legati a storia e tradizione.
Sci e pelli diventano un allora modo incredibile e per esplorare questo territorio a cavallo fra Italia e Francia, in un susseguirsi di salite e discese nel candore della neve, avvolti dalla perfezione della natura per fare il pieno di bellezza.

Descrizione

Da La Thuile prendere la telecabina DMC, per arrivare alla località Les Suches (2176 m). Da qui parte il tracciato italiano che, seguendo per circa 4 chilometri e una pista battuta e percorribile in piena sicurezza, con un dislivello di 382 metri  giunge fino al Colle del Belvedere (2558 m). Da qui è possibile continuare verso la Francia seguendo la pista Carabiniers che conduce alla partenza della seggiovia Chardonnet. Preso questo impianto si raggiunge il Col de la Traversette da dove è possibile scendere fino a La Rosière.
Partenza : Les Suches, La Thuile
Arrivo : Les Eucherts, La Rosière
6 I patrimoni da scoprire

Il Rutor

Il ghiacciaio del Rutor, con i suoi 8,4 km2 di superficie (rilievo 2005, Fondazione Montagna Sicura) è il terzo per estensione in Valle d'Aosta dopo quelli del Miage e del Lys.
La sua presenza attesta la presenza massiccia nel Pleistocene di estese aree glaciali. 
Il nome pare derivare dal termine francoprovenzale che unisce Ru (ruscello, torrente) e tor (tortuoso, storto) a indicare il percorso tormentato del corso d’acqua che scende da esso.
Il ghiacciaio forma un’ampia calotta che dalla Testa del Rutor (3.486 m) sulla cresta spartiacque con la Valsavarenche, scende fin verso quota 2.500 m. La fronte glaciale è articolata in più lobi, si sviluppa per circa 3 km ed è contornata quasi ininterrottamente dalle morene frontali più recenti. Le acque di fusione alimentano vari bacini lacustri di neoformazione le cui acque regalano sfumature variabili in base alla percentuale di limo in sospensione che influisce sulla rifrazione della luce sulla superficie dell’acqua.
Oggi lo scioglimento dei ghiacciai è un fenomeno noto, grave e preoccupante ma la dinamica del ghiacciaio del Rutor già fra il XIII e XIX secolo ha portato fluttuazioni della massa di ghiaccio e alluvioni ricorrenti, improvvise e disastrose, ben documentate, dovute allo svuotamento dei laghi di fusione per la rotta glaciale.
Queste alluvioni, talmente importanti da raggiungere il fondovalle fino ad Aosta, richiesero nel 1595 l’intervento del Conseil des Commis, massimo organo amministrativo valdostano, che contattò un esperto per trovare una soluzione e far defluire le acque di svuotamento in sicurezza. Il costo dell’opera raffreddò le intenzioni e non se ne fece nulla…
Dalla metà del secolo XIX (fine della Piccola Era Glaciale) il ghiacciaio è in fase di ritiro con arretramento del fronte. Questo fenomeno ha subito una accelerata degli ultimi decenni ed è tale da far immaginare la scomparsa dell’intero ghiacciaio in tempi relativamente brevi.
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Terres Noires

Il nome Terres Noires rimanda subito al colore scuro degli affioramenti rocciosi che si trovano in questa zona, legati alla presenza di carbone.
A livello geologico ci troviamo in una ampia fascia antracifera che parte dalla Maurienne in Savoia e si estende in Valle d’Aosta passando per il Piccolo San Bernardo per proseguire in Svizzera. L’antracite è un carbone fossile a elevato contenuto di carbonio che deriva dalla trasformazione di antichi depositi vegetali rimasti intrappolati durante la sedimentazione sul fondo marino. Nel 1749, su ordine del re Carlo Emanuele III, l’ispettore delle miniere Nicolas de Robilant, fece sopralluoghi anche in questa zona descrivendo vasti affioramenti di carbone utilizzati come combustibile per la lavorazione dei metalli, per alimentare forni da calce e riscaldamento domestico.
Terres Noires viene anche ricordato per un episodio sanguinoso avvenuto alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nell’agosto del 1944.
Le truppe tedesche in ritirata dalle valli del Rodano dopo lo sbarco degli Alleati e la progressiva liberazione dei territori occupati fanno razzie lungo il cammino e prelevano un gruppo di 28 ostaggi civili savoiardi per proteggersi dalle guerriglie partigiane.
Poco dopo il Colle del Piccolo San Bernardo i prigionieri furono fucilati e seppelliti in due fosse comuni. I loro corpi vennero rinvenuti solo nell’estate del 1945 allo sciogliersi delle nevi. Il 28 luglio 1945 si tennero i solenni funerali a Moûtiers alla presenza di una grande folla. Un monumento ricorda questo episodio.
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I Piani altitudinali

Da un punto di osservazione privilegiato che abbraccia un ampio panorama è possibile ammirare come il paesaggio montano cambi aspetto in modo graduale man mano che si sale in quota.
L’altitudine influisce prima di tutto sulla diminuzione della temperatura, che a sua volta influenza il clima locale provocando una diversificazione della vegetazione secondo una serie di caratteristiche fasce sovrapposte chiamate piani altitudinali. Ognuna si presenta alla vista in modo peculiare e ospita specie vegetali specifiche.
Dal fondovalle, dove si concentrano i centri abitati e le vie di comunicazione più importanti si sale al piano montano (fino a circa 1200 m.s.l.m) e a quello subalpino (fino a circa 2000 m.s.l.m) e si nota bene che la composizione del bosco cambia: le latifoglie in basso vengono sostituite dalle conifere più in alto e queste continuando nella salita lasciano gradualmente il posto a cespuglieti con alberi via via più radi e isolati fino a lasciar spazio solo più a praterie alpine e rocce.
Il piano alpino va da circa 2000 a circa 3000 m.s.l.m e oltre questa quota si trovano nevai e ghiacciai con aree scoperte detritiche o rupestri. Qui la vegetazione presenta una copertura discontinua, quasi unicamente erbacea che al di sopra dei 3600 metri si riduce alla sola presenza di muschi e licheni.
Alla natura spesso si sovrappone l’intervento umano che introduce nuove variabili e forme del paesaggio ancora più varie e articolate. L’uomo ad esempio ha sempre modificato lo sviluppo del bosco per creare spazi per il pascolo e l’agricoltura, così come ha favorito certe specie al posto di altre. E’ il caso del larice, specie robusta dal legname pregiato e dalla chioma leggera che non ostacola la crescita dell’erba da foraggio.
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Proteggiamo il gallo forcello

Il gallo forcello (Tetrao tetrix) è un Galliforme della famiglia dei Tetraonidi che vive al limite superiore della vegetazione arborea, dove resistono arbusti come mirtillo, rododendro, ginepro e ontano verde, prediligendo i versanti freschi e umidi a Nord.
L'Italia è uno dei punti più meridionali di diffusione di questa specie, tipica dei climi freddi. 
Il maschio, che si riconosce per il piumaggio nero con parti bianche nel sotto-ala e sottocoda e caruncole rosse sopra gli occhi, coda inconfondibile con penne esterne ricurve a forma di lira, si esibisce in un comportamento riproduttivo del tutto particolare: si esibisce in parate in arene dette lek davanti alle femmine assumendo posture impettite, battendo le ali, saltellando ad ali aperte, emettendo gorgheggi udibili a grande distanza. Il termine tetraonide deriva probabilmente dal greco antico e significa "far chiasso in quattro", evidentemente riferendosi proprio alle abitudini canore e gregarie nel periodo degli amori.
La specie è minacciata dalle trasformazioni ambientali, dalla caccia e dal disturbo umano. 
Per questo sono presenti aree di protezione dei siti di nidificazione che limitano la presenza di escursionisti in estate e sciatori fuori pista in inverno.
Proprio in inverno il gallo forcello ha l’abitudine di scavare buche nella neve soffice, dove si rifugia a lungo sia per nascondersi dai predatori sia per creare un microclima più confortevole rispetto all'ambiente esterno. Immobilità e temperature non troppo rigide consentono loro di sopperire alla scarsa qualità del cibo, ma è questo un equilibrio difficile da mantenere e che va salvaguardato.
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Il Monte Bianco

In questa zona si aprono magnifiche visuali sul Monte Bianco, complesso massiccio con 40 vette oltre i 4.000 m, ardite guglie granitiche, creste affilate e un centinaio di ghiacciai le cui vette dominano la scena.
E’ la cima più alta d’Europa con i suoi 4.808,72 metri, misurati ufficialmente nel 2017.
Già ai tempi del Gran Tour sul finire del 1700 a tutto il 1800 le più alte vette alpine hanno suscitato interesse e curiosità nuova da parte di pittori, cartografi, studiosi, alpinisti che hanno cominciato a frequentare massicciamente le località alpine.
La storia del Monte Bianco inizia molto prima!
Durante l’orogenesi ercinica (da 500 a 250 milioni di anni fa) si formò lo zoccolo cristallino, ossia la base dell’attuale Monte Bianco. Tra i 250 e i 60 milioni di anni fa la montagna era ancora infossata a decine di metri di profondità sotto il mare e durante l’era terziaria (30 milioni di anni fa) in seguito alla spinta della placca tettonica africana e di quella asiatica, si formò la catena delle Alpi con l’emersione del Monte Bianco dall’oceano.
La conquista della vetta ha fatto storia. L’8 agosto 1786, Jacques Balmat e Michel Gabriel Paccard due giovani francesi senza essere alpinisti di professione si lanciarono nell’impresa, sollecitati dal celebre scienziato ginevrino Horace-Bénédict De Saussure che mise in palio un premio in denaro per chi avesse conquistato per primo la vetta.
Per molto tempo De Saussure venne ritenuto il primo conquistatore del Monte Bianco, spedizione che avvenne però solo a seguito della prima salita del 1786 da parte dei due francesi. De Saussure arrivò in vetta guidato da Balmat, accompagnato da un servitore personale e ben 17 guide che trasportavano tutti i comfort, perfino una stufa e il laboratorio scientifico mobile dello scienziato.
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Il Colle del Piccolo San Bernardo

Al Colle del Piccolo San Bernardo (2188 m), oggi valico alpino che unisce Francia e Italia, si concentrano molte testimonianze di epoche passate. Più di 2000 anni fa era un luogo di grande passaggio lungo la Via delle Gallie. Il gran traffico di mercanti, soldati, viandanti richiese la costruzione di una Mansio come punto tappa per assistere i viaggiatori. Oggi rimane solo il perimetro di fondazione ma dalle dimensioni se ne capisce l’importanza.
Poco oltre si scorge il Cromlech, cerchio di 46 pietre allineate in modo preciso dai Celti che qui studiavano i fenomeni celesti e praticavano rituali. Al solstizio d’estate si assiste a un fenomeno unico: al tramonto l’ombra delle due vette alle spalle del Cerchio Sacro si riflette sul terreno e ne abbraccia il perimetro, lasciando solo il centro del cerchio al sole.
A epoche più recenti risale il Giardino Botanico Alpino La Chanousia, fondato nel 1897 dall’Abate Chanoux, rettore dell’Ospizio del Piccolo San Bernardo per quasi mezzo secolo. Amante della montagna e delle scienze volle qui coltivare esemplari di flora alpina per farli conoscere e proteggerli. Il giardino si estende su 10.000 mq e ospita oggi circa 1200 specie.
Da quassù è impossibile non notare la sagoma massiccia e slanciata dell’Ospizio, casa di accoglienza per i viaggiatori, legato alla figura di San Bernardo arcidiacono di Aosta. Il primo ospizio risale all’anno 1050, dal 1752 compare l’emblema crociato dell’Ordine Mauriziano e ancora oggi rappresenta l’anima del Colle che accoglie e unisce.
Le testimonianze più recenti risalgono invece alla Seconda Guerra mondiale: bunker, bivacchi, osservatori di artiglieria, barriere anticarro facevano parte del Vallo Alpino Occidentale a difesa dei confini italiani nel grande progetto di difesa che attraversava tutto l’arco alpino. Verso la metà di agosto del 1939, un contingente di soldati fu inviato a presidiare i confini e la dichiarazione di guerra non si fece attendere…
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Profilo altimetrico


Accesso stradale e parcheggi

Il percorso si sviluppa tra La Thuile in Italia e La Rosière in Francia.

Arrivando dall’Italia: SS26 della Valle d’Aosta fino a La Thuile.

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